Fiorentina, il centenario più amaro
Il crollo di Reggio Emilia come manifesto della crisi
Emblema della situazione attuale ciò che è accaduto a Reggio Emilia dove, peraltro, la squadra di Vanoli era passata in vantaggio, salvo subire il prepotente ritorno del Sassuolo che, a tratti, ha addirittura maramaldeggiato.
Le discussioni sul rigore che Kean voleva tirare, Gudmundsson poteva tirare, ma, alla fine, l’ha calciato Mandragora, con l’islandese che poi smentisce il suo allenatore, secondo il quale l’ex Genoa sul penalty aveva scantonato. Il capitano Ranieri che, sostituito, non stringe la mano al tecnico. La papera di De Gea. La fragilità di un collettivo che si squaglia al primo stormir di fronde, senza carattere, senza capacità di reagire, senza voglia di lottare.
Un ambiente appesantito da tensioni e derive social
Le barbare minacce social ai figli dei giocatori, specchio dell’intollerabile clima attorno alla squadra, avvelenato dall’inciviltà e dal becerume che trovano terreno di coltura nelle discariche del web. Elettroencefalogramma e elettrocardiogramma del gruppo sono piatti. “Prima dei giocatori ci vogliono uomini”, ha sbottato Vanoli, il quale si sta arrabattando in tutti i modi per ridestare un attaccamento alla maglia (l’originale, non il pigiama che in alcune occasioni tocca vedere).
Un calendario da non fallire
L’allenatore ha ringraziato i tifosi, quelli autentici, che la Fiorentina non hanno mai mollato, come hanno ribadito i quattromila presenti al Mapei Stadium. Verona e Udinese in casa, Parma in trasferta: prima della fine dell’anno, sono queste le tre partite che la Viola non può manco permettersi di pareggiare, ma deve vincere. In mezzo, ci sono le gare con la Dinamo Kiev e il Losanna per la Conference League, che nelle ultime stagioni aveva alimentato illusioni di gloria europea non tramutate in realtà.
Il nodo Franchi
Di certo, non aiuta il rudere Franchi, stadio dimezzato dai lavori: dovevano finire nel 2027, invece, se va bene, il cantiere chiuderà nel 2029. E pensare che, se gliel’avesse permesso, Commisso lo stadio nuovo se lo sarebbe costruito da sé a proprie spese. Già, Commisso. Urge la sua presenza. Fisica, non telefonica da Oltreoceano.
Urge richiamare in società uomini come Antognoni e Prandelli che la Fiorentina amano come se stessi, che conoscono cosa sia il valore della maglia viola, che possano spiegarlo agli stralunati epigoni fine 2025.
Una storia troppo grande per accettare la resa
C’è modo e modo anche di retrocedere, ammesso e non concesso possa essere questo l’epilogo finale. Però, ci sono ancora 24 partite da giocare: rassegnarsi al peggio, proprio ora, significherebbe accettare la peggiore delle rese. Non se lo può e non se lo deve permettere la società che conta 2 scudetti, 6 Coppe Italia, 1 Supercoppa; la prima italiana a vincere una competizione Uefa (la Coppa delle Coppe nel ’61); una delle due italiane (l’altra è la Juve) ad aver disputato almeno una delle finali dei tre storici tornei europei: la Coppa dei Campioni nel ’57, prima italiana a raggiungere la finale della massima competizione continentale; la Coppa delle Coppe nel ’61 e nel ’62, prima squadra italiana a disputare due finali confederali consecutive; la Coppa Uefa nel ’90. Ancora: la Viola è il primo club ad avere giocato le finali delle quattro principali competizioni Uefa, aggiungendovi la Conference League 2023 e 204.
Ecco, in questi giorni convulsi, nello spogliatoio del Viola Park un ripasso di storia ci vorrebbe proprio. “Studia il passato se vuoi prevedere il futuro”, ammonisce Confucio. Basterebbe, forse, per salvare il presente.
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