Capitani e bandiere a rischio estinzione

Autore: Carlo Pellegatti Aggiornato il: 28/11/2024
capitani e bandiere nel calcio

Sta nascendo una tendenza che mi auguro passi presto: quella del Capitano… “fluido”, per usare un termine molto attuale. Insomma, qualche allenatore vorrebbe non avere in squadra “IL CAPITANO” ma solo “UN CAPITANO”, con la possibilità, dunque, di poter assegnare la fascia di partita in partita oppure secondo la fase della stagione. Non so, in verità, con quale criterio, forse legato allo stato di forma psicofisico o all’andamento della squadra.

La fascia è una cosa seria

Per togliere ogni dubbio o ogni equivoco, non sono d’accordo! Il Capitano non è solo una fascia sul braccio, ma deve sempre rappresentare la guida spirituale e tecnica, riflettendo addirittura lo spirito, la tradizione, l’anima del Club. A ogni Capitano è legata infatti un’epoca, una storia. Un esempio sono proprio i tre club italiani con il maggior numero di titoli.

I capitani che hanno fatto la storia

Sono stati fortunati i tifosi del Milan: Gunnar Nordahl consegna la fascia a Nils Liedholm, poi Cesare Maldini a Gianni Rivera, Franco Baresi a Paolo Maldini. Una staffetta incredibilmente magica.

I grandi Capitani dell’Inter hanno ben rappresentato i trionfi nerazzurri. Armando Picchi, Giacinto Facchetti, Sandro Mazzola, Beppe Bergomi e Javier Zanetti sono ancora ben nitidi nella memoria dei tifosi, che li associano ai ricordi più indimenticabili degli ultimi sessant’anni.

In casa bianconera, quando l’appassionato juventino pensa a un suo grande Capitano, il cuore batte per Gaetano Scirea. Classe, stile, professionalità. Le stesse qualità che hanno contraddistinto la carriera bianconera di un Capitano per dieci anni, Alessandro Del Piero.

Chiudo questo emozionante elenco con Francesco Totti, altro esempio di attaccamento ai suoi colori, ai suoi tifosi, affascinati, innamorati, sempre riconoscenti al loro “Pupone” anche per la sua appassionante, splendida fedeltà.

I capitani di oggi

Oggi, a dire il vero, trovare queste figure iconiche e carismatiche è sempre più difficile e raro. Quando penso al Capitano anche dei club internazionali oggi più vincenti e famosi, stento a ricordare chi oggi indossi la fascia bianca. Andando sui motori di ricerca, leggo nomi addirittura differenti e che, pur campioni, non diventeranno mai leggende. Parlo di Walker e De Bruyne del Manchester City, Van Dijk del Liverpool, come Ødegaard e James, rispettivamente dell’Arsenal e del Chelsea. Quello del Real Madrid parte spesso dalla panchina: Luka Modric. Nel Barcellona è un portiere tedesco, oggi infortunato: Ter Stegen.

Capitano ma non “bandiera”, perché?

Oggi manca quella continuità storica e identitaria che in passato era una caratteristica distintiva dei grandi Capitani. Le bandiere erano l’incarnazione dei valori del club, non solo in campo, ma anche fuori, rappresentando una connessione profonda con i tifosi. Il calcio moderno, sempre più globalizzato e condizionato da logiche economiche, sembra non lasciare spazio a queste figure. L’aspetto fluido della gestione del Capitano, menzionato nel documento, riflette questa tendenza, dove tutto è più transitorio e meno legato alle tradizioni.

Il crescente distacco tra tifoso e calciatore alla base della tendenza

Quando un calciatore non sente quella pressione emozionale e identitaria che lo lega ai tifosi, diventa più facile concentrarsi esclusivamente sulle proprie prestazioni e sulle opportunità personali. Il Capitano, nella sua essenza, era un mediatore tra i tifosi e la squadra, un simbolo che univa questi mondi. Senza un forte legame, il senso di responsabilità tende ad affievolirsi, trasformando il ruolo in una semplice formalità.

Il ruolo dei soldi

Il denaro è sempre stato parte del calcio, ma mai come oggi sembra dominare ogni aspetto del gioco. Questa crescente influenza rischia di oscurare la passione genuina che dovrebbe essere il cuore del calcio. È difficile trovare quella scintilla che animava i grandi Capitani del passato. Molti giovani calciatori vedono il calcio più come un mestiere che come una vocazione, perdendo quella purezza che rendeva il gioco così speciale agli occhi dei tifosi.

Maldini, Del Piero, Totti, Zanetti erano simboli viventi dei loro club

La differenza fondamentale tra i capitani di ieri e di oggi sta nella capacità di incarnare un’epoca e un’idea di fedeltà assoluta. Maldini, Del Piero, Totti e Zanetti non erano solo Capitani: erano simboli viventi delle loro squadre, figure che rappresentavano un’eredità destinata a durare nel tempo. Oggi, la fascia di Capitano è più che altro una rotazione basata su criteri temporanei, come lo stato di forma o la disponibilità del momento, piuttosto che una scelta basata su valori duraturi e storici. Il Capitano non è più “per sempre”, ma un ruolo tra gli altri.

Il capitano è per sempre…

Insomma, diventa sempre più difficile individuare la figura iconica che concili leggenda, qualità e storia. Questo non toglie che, una volta assegnata la fascia di Capitano e vice-Capitano, per la squadra, per i tifosi, per lo stesso giocatore, sarebbe opportuno non avventurarsi in cambi, magari con un appello a un nuovo segnale di modernità e di innovazione. Anche se restasse qualcosa del calcio dei nostri padri e dei nostri nonni, non sarebbe poi così negativo e obsoleto. Sulle pareti, le fotografie dei grandi trionfi hanno visto sempre figure iconiche come Capitani, quasi a esaltare ancora di più la memoria di quelle imprese. E quando una grande squadra ha vinto, nella stessa stagione, più di un titolo, raramente abbiamo visto un giocatore con la prestigiosa fascia bianca al braccio differente ad ogni scatto! Il Capitano, insomma, deve essere per sempre!

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